"Leggere e capire la sacralità del lago di Bolsena". Luigi Catena presenta il suo nuovo testo di ricerche

"Il lago di Bolsena, non solo specchio d’acqua per la balneazione, ma luogo sacro.”  Sabato 6 aprile presso l'auditorium di Bolsena la presentazione del libro "Ricerche e studi sul territorio del lago di Bolsena" dell'autore Luigi Catena edito dalla casa editrice Effigi. L'introduzione di Federica Sciamanna e la relazione archeologica curata da Tatiana Melaragni svelano misteri e sacralità fra cielo e terra. 

Luigi Catena è un ricercatore appassionato e indipendente nel campo archeologico del nostro territorio. Vive a San Lorenzo Nuovo ed ha una visione dell'archeologia e del suo mondo parallelo, molto più possibilista rispetto alle convenzioni accademiche, tuttavia, non vuole peccare di presunzione, nè essere depositario di una verità assoluta, bensì tenta di fornire il suo punto di vista mettendo a confronto dati, testi, leggendo, interpretando, e percependo la pura essenza dei luoghi intorno lo specchio vulcanico più grande d'Europa. Le sue esperienze lo hanno condotto ad interfacciarsi spesso con la realtà più rude e meno tecnico scientifica dell'archeologia, rispetto a  coloro che ne avevano tracciato il percorso più metodologico e disciplinare. Luigi si interessa fin da piccolo all’età di 4 anni al territorio intorno al lago di Bolsena, si muove con curiosità facendo disperare anche una sua zia, in quel di San Lorenzo Nuovo. Poi, scopre pian piano  dettagli storici fondando due gruppi archeologici: uno nel 1976 e l'altro nel 2011, in occasione degli scavi presso monte Landro eseguiti dall'Università di Venezia.

La "visione" di Luigi Catena, seppur diversa, trova spazio anche confrontandosi con archeologi che nel corso del tempo si sono interessati al territorio del lago di Bolsena. "Da piccolo mi ha appassionato la storia e l’archeologia - afferma-  e poi, da più grande appena tornato dal militare, ho proseguito. Ho avuto il piacere di ripulire appena diciottenne  la tomba della Colonna. Tanti altri aspetti hanno caratterizzato la mia vita; il matrimonio, l’apertura di un ristorante particolare con una piccola libreria annessa frequentata da turisti, curiosi ed estimatori di questo territorio. Poi, dopocena, si aprivano i dibattiti su temi archeologici e si finiva sempre per parlare di Etruschi."  Fino al momento in cui nel 2003 conobbe Giovanni Feo e si appassionò alle sue ricerche, ma non solo. Nel 2011 appresa la notizia che l’Università di Venezia scavava sul monte Landro, fondò il secondo gruppo archeologico: il Turan. In questo contesto Luigi ha avuto l’opportunità di effettuare gli scavi collaborando volontariamente, scambiando pareri, sensazioni, esperienze. "Ritengo che il lago di Bolsena, sia un luogo sacro per eccellenza  il popolo etrusco lo aveva capito già dalla civiltà facies rinaldoniana. Da lì, parte il culto della sacralità di questo luogo, che osserva, intuisce e apprezza il creato. Le prime forme di interpretazioni del sacro sono caratterizzate dalle "ierofanìe", cioè la rappresentazione di qualcosa di sacro a prescindere dalla religione, ovvero le attività vulcaniche come le sorgenti di acqua calda e gli stessi vapori nel mondo antico, erano considerati segni divini. 

L'intervento della archeologa Tatiana Melaragni "Il mondo etrusco era osservatore di tutto ciò che era legato al movimento del cielo e della terra. La terra che vive, si muove; il lago di Bolsena era quella vita, e lo è tuttora. Il lago per gli antichi era l’Omphalos tutelava e proteggeva ma creava timore per i movimenti geologici. Monte Landro rappresenta il ponte la cui sommità unisce la terra al cielo, un' area sacra che con i suoi vapori caldi metteva in comunicazione l’uomo con la terra, una sorta di concretizzazione della presenza di queste divinità Ctonie. Sappiamo che erano molto dediti alla natura, grati alla terra che dava loro sostentamento: la madre terra. Confermo ciò detto da Luigi, tuttavia da archeologa non mi sento di parlare e di usare termini di civiltà del Rinaldone.. ce ne vuole, magari in un’altra occasione ne parleremo." 

Le aiole del lago di Bolsena sono tutte di epoca eneolitica dove sono stati trovati reperti del bronzo iniziale. Il tumulo più grande, quello del  Gran Carro, di forma ellittica è lungo 80 metri, largo 60 e alto 5, tutti edificati su sorgenti di acqua calda/termale, tant'è che lo specchio lacustre è identificato come "numinoso" ovvero dimora delle divinità. Tuttavia le "aiuole o aiole" rappresentavano dai frequentatori più assidui del lago (pescatori) un recinto sacro, e sono ubicate a: Gran Caro, Tempietto, Fossetta e monte Senano sud sotto Gradoli, probabile l'esistenza anche di un quinto tumulo. Lo stesso Alessandro Fioravanti padre della scoperta del Gran Carro ha rivelato che le aiole del lago non sono altro che sepolture - considerando che a quell’epoca il livello delle acque era 9 metri più basso - .

Aiola lago Bolsena sopra livello delle acque,   Tages

Quando moriva un membro del villaggio le sue ceneri venivano messe in urne di terracotta a contatto con i sassi delle aiole. Altro importante ritrovamento la statuetta in bronzo riferita al mondo nuragico detta del "bigodino", quindi la traccia è ben delineata: luoghi votivi e strutture sacre. Dalla platea l'editore del Blogger Etruscan Corner ha posto una interessante questione: ma il Gran Carro, non potrebbe essere messo in relazione alla costellazione del Grande Carro della volta celeste? 

Aiola lago Bolsena, sotto il livello delle acque    Tages

La parola passa a Melaragni. "Se avete pazienza stiamo affinando degli studi. Quando incontrai Giovanni Feo, ci osservammo vicendevolmente. Giovanni cercava un archeologo e nonostante quello che erroneamente si pensi, Feo conosceva i suoi limiti della "non conoscenza archeologica", e quindi voleva confrontarsi. Grazie a lui ho capito tante cose. Siamo stati molto tempo a girare nei luohi, e lui a studiare le stelle. Quanto hanno coinciso le costellazioni? Tantissimo, è ovvio! Erano punto di riferimento a cominciare dalla vita agricola, poi, c’è stato un passaggio; l’uomo aveva la necessità di aumentare il quantitativo di cibo, non bastava più la caccia e non bastava più la raccolta. Erano molto più avanti di noi, avevano occhi per osservare e orecchie per saper ascoltare i ritmi, i segnali della natura e la facoltà di leggere il cielo quindi, la volta celeste. Vorrei riprendere una considerazione sui tumuli cioè le aiole del Gran Carro. Tante interpretazioni sono state date anche in base ai ritrovamenti di reperti mobili dell’epoca del bronzo e precedenti, in particolare a frammenti di bucchero, e sappiamo che gli etruschi erano grandi commercianti di ceramiche - anche io mi sono imbattuta negli studi di Alessandro Fioravanti- e la considerazione che faccio è in base ai 4 tumuli o aiole se preferite, e forse ce n'è anche una quinta. Ma non ci spingiamo oltre.  Dall’alto, questi 4 punti, unendosi, formano una sorte di croce conosciuta come croce del nord che noi chiamiamo anche Costellazione del Cigno.  

Costellazione del Cigno  osservarelestelle

Questa costellazione è interpretata in tantissimi modi. In tantissime aree dell’epoca eneolitica del Rinaldone c’è una presenza di coppelle disposte in una maniera tale da riproporre la costellazione di Orione, e tante volte mi sono imbattuta in altre realtà e non soltanto a Pitigliano dove c’è il famoso sito di Poggio Rota, mi riferisco all’Archeoastronomia. Ne ho trovato un altro di recente in uno dei miei viaggi all'estero, dove c’è la stessa nostra storia archeologica ma soprattutto geologica. Fatto sta, che un archeologo Israeliano di Tel Aviv mi contatta e mi parla di una ricerca fatta nel 2003/2004 dove c’è la stessa realtà dei tumuli del lago di Bolsena, però nel lago di Tiberiade, tant’è che l’Università locale sta conducendo ancora delle ricerche, e vi posso assicurare che non sono fantasiose teorie perché gli Israeliani stanno molto coi piedi per terra. Una di queste aiole proprio sotto il lago (anche se geologicamente è circondato da spiagge diverse) 500mila anni fa era di origine vulcanica tant’è che il tumulo principale a Tiberiade è stato realizzato con dei massi in basalto (vulcanico). Molte le ipotesi, poi le ricerche al carbonio 14 e con ulteriori strumenti lo datano all’età del bronzo. Conclusione, il lago di Tiberiade aveva un livello delle acque molto più basso, quello di Bolsena ugualmente più basso ad un certo punto gli sconvolgimenti di tipo vulcanico-geologico hanno fatto il resto. Uno dei testimoni storici di quanto accadeva era proprio Plinio il Vecchio che nei suoi scritti vedeva la divinità nella natura, dove nei suoi racconti narra le reazioni del lago rappresentandolo come il famoso mostro volta. Il lago si muoveva, cambiava, metteva  paura."

Lago di Tiberiade sito gnews

Il lago di Tiberiade con la faglia del Mar Morto ha una sorta di spaccatura che oggi non si vede più. Tuttavia, era un percorso dove le popolazioni transitavano per i più vari motivi. Il tumulo scoperto è una costruzione a pianta circolare di forma conica, il suo apice arriva a 10 metri, interamente sommersa dalle acque del bacino.  Non ci sono dubbi sul fatto che la struttura, che dista un centinaio di metri dalla riva, sia di costruzione umana. Questi due laghi (Bolsena e Tiberiade) sono molto simili tra loro, specie nelle disposizioni dei tumuli. Per tornare alla costellazione del Cigno rappresenta il simbolo tra l'unione della terra, il cielo, e al centro l'acqua: il passaggio, ovvero una sorte di purificazione per raggiungere il cielo. Il cigno rappresenta anche il simbolo dell'amore la massima espressione del sacrificio. Le costellazioni venivano scelte per una questione più pratica: per rapportarsi con le coltivazioni, per spostarsi, per capire quando un animale poteva riprodursi. Dunque l'uomo, si è sempre rapportato al cielo. Per quanto questo testo possa suscitare idee, sentimenti, opinioni contrastanti specialmente in ambito accademico, ci dà però una grande indicazione, ovvero l'idea che questo territorio deve essere tutelato e protetto, senza se e senza ma, valorizzato in tutte le sue espressioni materiali e immateriali. Uno scrigno sacro da difendere a tutti i costi contro lo sfruttamento di lobby mercenarie che per i propri interessi non lascerebbe spazio alla bellezza, alla vera essenza di questi luoghi. Abbiamo ancora molto da imparare, i nostri predecessori ci hanno lasciato una grane eredità. Siamo ancora in tempo per onorarla al meglio. 

Caterina Berardi